Cookie Policy PLASTICA: questa famosa sconosciuta! - Sapone del Bianconiglio

PLASTICA: questa famosa sconosciuta!

Fin da quando ero una scolaretta delle elementari, la materia che probabilmente più mi annoiava e ritenevo inutile era la storia. Nessuno mi aveva spiegato che l’importanza di conoscere il passato fosse il mezzo migliore per capire il presente e migliorare il futuro. Ora ne sono consapevole anche se non sono sicura che tutte le persone che hanno studiato la storia ne abbiamo tratto insegnamenti. A proposito di storia vorrei parlarvi della storia di un materiale che usiamo quotidianamente ma di cui non conosciamo granché: la plastica. Quando è nata e perché?Oggi entriamo nella macchina del tempo e facciamo insieme un viaggio nel passato.

3… 2… 1… ed eccoci a metà del XIX secolo!

…oltre 150 anni fa, al tempo dei miei bisnonni.

Siamo attorno al 1860, il gioco del biliardo è praticato da molti: comuni mortali e cittadini illustri.

Entriamo in una sala da biliardo, con il grande tavolo, le luci, l’odore del legno delle stecche, e quelle meravigliose e luccicanti biglie disposte a triangolo prima di iniziare la partita. Le sfere mi hanno sempre affascinata, sono perfette nella loro rotondità. Ma di cosa sono fatti questi meravigliosi e luccicanti piccoli pianeti disposti sul manto verde del tavolo?

Mark Twain che gioca a biliardo (https://www.wikipedia.it)

Sono di avorio, il pregiato e raro avorio.

E quanto costa produrle?

Da un punto di vista economico direi molto, ma da un punto di vista umano? O meglio, animale?

Non hanno prezzo, perché il prezzo che devono pagare gli elefanti che forniscono l’avorio è la loro vita stessa.

Elefanti massacrati per l’avorio (www.nationalgeographic.it)

Chiedo scusa per questa immagine, mi ferisce guardarla e portarla alla vostra attenzione, ma credo che oggi più che mai non si debbano tenere gli occhi chiusi o la testa girata altrove.

Torniamo alla nostra sala da biliardo nel 1860: ora quelle sfere non mi sembrano più tanto belle, mi mettono solo un’infinita tristezza.

Come dicevo, il gioco del biliardo è molto praticato e la necessità di produrre le biglie in maniera più economica rispetto al costosissimo avorio spinge, nel 1863, il proprietario di una fabbrica di New York a offrire 10 mila dollari a chi avesse inventato un materiale economico per sostituire l’avorio.

È così che nel 1870 i fratelli americani John Wesley e Isaiah Hyatt brevettano la formula della celluloide: la prima materia plastica artificiale!

Gli elefanti ringraziano i fratelli Hyatt per la celluloide, materiale con il quale si incominciano a produrre, oltre alle biglie, tanti altri oggetti di uso comune come pettini e dentiere.

Però, perché c’è sempre un però, la celluloide ha un grosso difetto: è altamente infiammabile.

Rientriamo nella nostra macchina del tempo e facciamo un piccolo salto avanti, impostiamo il 1907 e ripartiamo…

1907 a Wall Street (https://it.wikipedia.org/)

Ed eccoci nella New York del 1907, in piena crisi economica, nota come Panico dei banchieri del 1907.

La borsa di New York perde il 50%: è la RECESSIONE e il panico esplode.

A seguito di questa crisi nascerà il Sistema Bancario della Federal Reserve, ma questa è un’altra storia…

Come dicevo siamo nel 1907 a New York e più precisamente nell’ufficio brevetti (US Patent and Trademark Office). Chi è quel signore tanto distino che sta registrando la sua invenzione?

LEO BAEKELAND https://upload.wikimedia.org

Si tratta di Leo Baekeland, un quarantatreenne belga emigrato negli Stati Uniti. Il padre lo vorrebbe calzolaio come lui, ma la madre ha altre aspettative per quel figlio tanto intelligente e così lo fa studiare; a 20 anni Leo possiede già un dottorato in chimica. Dopo essersi sposato con la figlia del suo tutor, Leo si trasferisce a New York dove inventa la Velox (una carta fotografica che si può sviluppare con la luce artificiale). Nel 1898 vende il brevetto alla Kodak di George Eastman per una cifra astronomica per l’epoca: 3 milioni di dollari. La sua passione per la chimica non si ferma qui ed è per questo che, nel 1907, noi lo troviamo nell’ufficio brevetti: sta per registrare la sua invenzione: la Bachelite, la prima plastica completamente sintetica.

Leo Baekeland nel suo laboratorio https://www.reccom.org)

La bachelite è una sostanza composta da fenolo e formaldeide, è possibile modellarla con il calore e, una volta raffreddata, non può più cambiare forma, neanche riscaldandola nuovamente.

È la prima plastica termoindurente (che diventa dura con il calore). Oggi è ancora usata in vari oggetti: dai manici delle pentole agli interruttori, dal sedile del WC agli spazzolini da denti, nei telefoni, nelle radio, nelle pistole, nei gioielli, nei componenti delle auto. Verrà usata anche nella prima bomba atomica.

Leo sta parlando con l’impiegato dell’ufficio brevetti e molto profeticamente lo sentiamo pronunciare queste parole:

Non credo di sbagliarmi di molto affermando che questa invenzione si dimostrerà importante in futuro “. 

Eh sì, noi lo sappiamo perfettamente che non si sta sbagliando!

Risaliamo sulla nostra macchina del tempo e senza fermarci

al 1912 quando un chimico tedesco, Fritz Klatte, scopre il processo per la produzione del polivinilcloruro (PVC),

al 1913 quando lo svizzero Jacques Edwin Brandenberger inventa il Cellophane,

e lasciandoci alle spalle la Prima Guerra Mondiale e tutte le giovani vittime nelle trincee…

Soldati in trincea durante la Prima Guerra Mondiale (https://www.studiarapido.it)

arriviamo e sorvoliamo gli anni ’20. Quello che salta subito agli occhi è il fermento a livello industriale e nei laboratori di tutto il mondo, che sono alla costante ricerca di nuovi materiali plastici.

Negli anni ’20 la “plastica” trova anche una rigorosa base teorica grazie ad Hermann Staudinger, dell’Università di Friburgo, con i suoi studi sulla struttura e le proprietà dei polimeri naturali e sintetici.

Abbandoniamo gli anni ’20 con il crollo della borsa di New York nell’ottobre del 1929…

Il martedì nero della borsa di New York (http://www.economiaxnoi.it)

tanto è dall’altra parte dell’oceano rispetto a noi… ma per chi conosce l’effetto farfalla sa che basta un piccolo cambiamento per provocare grandi ripercussioni anche a chilometri di distanza, e il crollo di Wall Street non si può certo definire un fatto di poco conto!

A seguito del crollo della borsa americana, negli anni ’30 la crisi colpisce l’Europa e in Germania, che subisce in particolare il contraccolpo più violento, provoca milioni di disoccupati che andranno poi a formare la base di consenso che porterà il Partito Nazista al potere nel 1933 (come dicevo all’inizio, non ci resta che sperare che la storia ci aiuti a non commettere più gli errori del passato).

Siamo così giunti agli anni ’30 e il petrolio è la “materia prima” per la produzione della plastica.

Nel 1935 Wallace Carothers sintetizza per primo il nylon (poliammide), un materiale che si diffonde in Europa per mezzo delle truppe americane durante la Seconda Guerra Mondiale.

Wallace Carothers (https://it.wikipedia.org)

Inizia l’ascesa delle “fibre sintetiche”, anche perché la guerra stimola l’esigenza di trovare sostituti a prodotti naturali non reperibili.

La seta che viene utilizzata anche per le calze da donna, è completamente assorbita dall’industria bellica per produrre i paracadute. Durante la guerra, quindi, le calze di seta sono un lusso inarrivabile e le ragazze si fanno dipingere la riga delle calze sulle gambe, ma ecco che arriva il nylon: la seta dei paracadute viene sostituita da questo nuovo materiale utilizzato anche nel settore dell’abbigliamento; via le righe dipinte sulle gambe e calze per tutte!

I poliuretani sostituiscono la gomma e dal 1939 sono industrializzati i primi copolimeri, cloruro-acetato di vinile, sviluppando scoperte di inizio secolo.

Il polivinilcloruro (PVC) trova impiego nella produzione dei dischi fonografici.

Degli anni ’30 sono anche il polistirolo, il polietilene (la base dei sacchetti di plastica) e il plexyglass.

Al riparo da bombe e crimini contro l’umanità, ben protetti dalla nostra macchina del tempo attraversiamo gli anni ’40, troviamo i signori Rex Whinfield e James Tennant Dickson che, partendo dal lavoro di Carothers, nel 1941 brevettano il polietilene tereftalato (PET).

Dopo la guerra, le scoperte dettate da esigenze “militari” invadono il mondo civile. Il PET ha un grande successo nella produzione di fibre tessili artificiali, dove ancora oggi lo si utilizza (chi non possiede qualche capo di pile?).

Velocemente arriviamo agli anni ’50 con la scoperta delle resine ottenute con melammina e formaldeide (la “Fòrmica”), che permettono di produrre laminati per l’arredamento e di stampare stoviglie a basso prezzo, mentre le “fibre sintetiche” (poliestere, nylon) vivono il loro primo boom, visto che sono un’alternativa economica a quelle naturali.

Per amor di patriottismo soffermiamoci un attimo nel 1954, quando l’italianissimo Giulio Natta scopre il polipropilene isotattico, scoperta che gli farà assegnare nel 1963 il Premio Nobel insieme al Tedesco Karl Ziegler.

Giulio Natta

Il Polipropilene è prodotto industrialmente dal 1957 col marchio “Moplen” e rivoluziona le case di tutto il mondo. La crisi ormai è acqua passata, siamo nel pieno “boom economico”.

Pubblicità del Moplen
con Gino Bramieri

Arriviamo agli anni ’60 quando la plastica è ormai un insostituibile strumento della vita quotidiana, ha invaso i campi della moda, del design e dell’arte, non esiste una persona che alla fine della giornata non abbia usato o toccato un oggetto di plastica.

Nel 1973 il PET fa il suo ingresso nel mondo dell’imballaggio alimentare: Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia in PET come contenitore per le bevande gassate.

Leggera, resistente agli urti e trasparente, la bottiglia inventata da Wyeth oggi è lo standard per il confezionamento delle acque minerali e delle bibite.

Correndo attraverso gli ultimi decenni del Novecento il viaggio è giunto al capolinea, eccoci di nuovo qui, nel nostro 2019.

Siamo partiti dalla celluloide e oggi abbiamo a disposizione i “tecnopolimeri”, grazie ai quali le tecnologie che utilizziamo sono sempre più sofisticate. I “tecnopolimeri” hanno tali caratteristiche di resistenza sia termica che meccanica da renderli spesso superiori ai metalli speciali o alla ceramica, tanto che vengono utilizzati nella produzione di palette per turbine e di altre componenti dei motori degli aviogetti, o nella produzione di pistoni e fasce elastiche per automobili.

Citiamone alcuni con i relativi usi:

  • il polimetilpentene (TPX). Produzione di articoli per i laboratori clinici per la sua resistenza alla sterilizzazione e per la sua trasparenza;
  • le poliimmidi. Resine termoindurenti che non si alterano se sottoposte per periodi anche molto lunghi a temperature di 300°C e che per questo vengono utilizzate nell’industria automobilistica, per componenti del motore o per i forni a microonde;
  • il policarbonato. Produzione di caschi spaziali degli astronauti, di lenti a contatto e di scudi antiproiettile.
Tecnopolimeri (https://www.aircomp.it).

Scendendo dalla nostra macchina del tempo un pensiero ci passa per la testa: di molti inventori che abbiamo “conosciuto” oggi sono rimaste solo le ceneri, ma quello che hanno creato è tra noi e ci rimarrà per molto tempo ancora. Rinunciare alle materie plastiche oggi non è cosa pensabile, ma utilizzare con intelligenza quello che possediamo è auspicabile se non indispensabile.

Yangtze: il fiume che porta più plastica all’oceano (http://www.focus.it)
Yangtze: tratto del fiume non ancora invaso dalla plastica (http://www.kensingtontours.com)

Vi ringrazio per la compagnia in questo viaggio spazio-temporale e salutandovi vorrei che ricordaste la regoletta delle 3 R: se ognuno di noi l’applicasse sicuramente i “viaggiatori del tempo” del futuro avrebbero un motivo valido per soffermarsi sul 2019 ed essere orgogliosi del nostro buon senso!

Risparmiare evitando di acquistare cose superflue

Riutilizzare ciò che è già in nostro possesso e che abbiamo già pagato

Riciclare tutto ciò che non può più essere usato.

Valeria

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